Carte da gioco nel Regno di napoli (1734-1860) - Tarocchi e carte da gioco, Tarot and Playing cards

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A Cura di Nicola Antonio De Giorgio


Carte da Gioco nel Regno di Napoli (1734-1860)

INTRODUZIONE
Interessandoci alla storia delle carte da gioco nel Regno di Napoli, il periodo preso in esame è dal 1734 al 1860, dalla fine della dominazione austriaca (1707-1734) fino alla sua annessione al Regno d'Italia, periodo in cui il Regno di Napoli fu uno stato indipendente.
Durante la cosiddetta guerra di "successione polacca", tra la Francia e la Spagna alleate contro l'Austria, Carlo di Borbone(1716-1788), figlio del re di Spagna Filippo V(1683-1746) e di Elisabetta Farnese, conquistò i territori dell'Italia meridionale e la Sicilia appartenenti all'Austria.
Carlo di Borbone entra a Napoli il 10 maggio 1734, il 3 luglio 1735 venne incoronato Re nella cattedrale di Palermo e con la rinuncia da parte di Filippo V dei suoi diritti su Napoli e la Sicilia in suo favore, divenne Re di un Regno autonomo.
La pace di Vienna del 1738, che pose termine alla guerra di successione polacca, sancì infine definitivamente il suo possesso dei due Regni in unico stato.
Tra i vari stati italiani pre-unitari il Regno di Napoli era il più esteso, comprendente una parte continentale, tutto il Sud Italia fino al confine con lo Stato Pontificio (al di qua del Faro), e la Sicilia(al di la del Faro).
In realtà anche se sotto lo stesso sovrano dal punto di vista amministrativo le due parti, separate dal Faro di Messina, ebbero due gestioni completamente diverse, e per l'argomento che stiamo trattando solo dopo il decreto del 10 dicembre 1844 il sistema di gestione del settore delle carte da gioco in uso nei domini al di qua del Farofu esteso anche alla Sicilia. Nella nostra trattazione ci interesseremo al momento della storia delle carte da gioco della parte continentale del Regno. Nei 125 anni di esistenza del Regno di Napoli si possono individuare tre periodi distinti:
    1734-1805 1° periodo Borbonico (25 gennaio- 19 giugno 1799 Repubblica Napoletana)
    1806-1815 Decennio Francese (marzo 1806-15 maggio 1815)
    1815-1860 Restaurazione Borbonica (REGNO delle DUE SICILIE)
1° Periodo Borbonico (1734-1805)
In questo primo periodo per il settore delle carte da gioco persistevano in maniera immutata le leggi istituite negli anni della dominazione spagnola (1503-1707).
Sulle carte da gioco che si facevano o vendevano in Napoli e in tutto il Regno, come pure per le carte che venivano da fuori Regno, vi era l'imposta di "un carlino per paro di carte" istituita nel 1577 durante il viceregno del Marchese di Mondejar (bando del 20 novembre 1577). [1]
Come era in uso in quegli anni la riscossione di questa imposta non era di pertinenza diretta dello Stato, ma veniva da questo data in appalto ai privati per una determinata somma annua (fitto o estaglio). Questo sistema di esazione dei dazi veniva detto "arrendare", parola di origine spagnola (arrendare=appaltare), per cui invalse l'uso di chiamare direttamente "arrendamento" il dazio o gabella che si appaltava e "arrendatore" il privato che lo prendeva in affitto.
Inoltre con la riforma del 1649, per le continue necessità di denaro in contante da parte della corona spagnola, lo stato fu costretto ad alienare (vendere) ai privati (consegnatari)"come veri e propri titoli di rendita pubblica" le partite degli arrendamenti secondo un interesse annuo del 7%. [2]
L'arrendatore delle carte da gioco oltre all'esazione dell'imposta gestiva anche la loro vendita, mediante una rete di subappaltatori, e ne controllava la loro produzione, dovendo chiunque producesse carte da gioco essere autorizzato dall'arrendatore e ogni mazzo di carte prima di essere messo in vendita, per non essere considerato di contrabbando, portare un suo segno su una delle carte a conferma dell'avvenuto pagamento del dazio.
La loro produzione era consentita solo nella città di Napoli ed era affidata alla cosiddetta "Arte dei Cartari", corporazione dei fabbricanti carte da gioco. (atto di associazione alla corporazione dei pittori del 1541). [3]
Nel 1734 l'arrendamento delle carte da gioco attraversava una fase di notevole difficoltà, sia per il periodo contingente di guerra in relazione al cambio di regime, sia per problemi propri quali il mancato introito del dazio sulle carte che venivano utilizzate nei locali dei giuochi pubblici ma soprattutto per la notevole diffusione del contrabbando. La sua gestione, pertanto, non trovandosi nessun appaltatore disponibile ad investire capitali e a farsi carico di questa difficile situazione, era affidata "in demanio" ad un amministratore generale nominato dalla Regia Corte, Giuseppe de Leone.
La gestione "in demanio"si prolungo per circa 14 anni, solo nell'ottobre 1748 si riuscì a stipulare un regolare contratto d'appalto con un privato, Pasquale Cortes, per un fitto annuo di 8640 ducati per la vendita di 100.000 mazzetti di carte/anno, di questi 58.000 per il regno e 42.000 per la città di Napoli.[4]
L'appalto prosegui con una buona rendita fino al 1753, quando, in occasione dell'emanazione della seconda prammatica di Carlo III contro i giuochi, si ebbe un notevole calo delle vendite, per cui il Cortes recedette dal suo contratto e la gestione dell'arrendamento torne ad essere in demanio.
Durante questo nuovo periodo di crisi, nell'ambito più generale di riforma della politica economica del Regno, tendente alla ricompra dei vari arrendamenti per il risanamento delle proprie finanze, si arrivò in data 19 aprile 1754, con atto del notaio Ranucci [5], alla cessione dell'arrendamento alla Regia Corte, ritornando la rendita delle carte da gioco ad essere un cespite della finanza statale.
La sua gestione rimase comunque affidata "in demanio" ad un amministratore generale fino al 1774, a don Litterio Costa per molti anni e nell'ultimo anno a Bernardo Buono(1 maggio 1773- 30 aprile 1774), ma con l'importante differenza che il ricavato non era più a disposizione dei governatori dell'arrendamento, cioè a dei privati, ma faceva capo al Segretario di Stato della Real Azienda (oggi Ministro delle Finanze).
Dopo questo ulteriore periodo "in demanio" primo arrendatore,in risposta a regolare bando di assegnazione dell'arrendamento delle carte da gioco per tutto il Regno, fu Tommaso Ambiso, con contratto per sei anni, dal 1 maggio 1774 a130 aprile 1780, e per un fitto anno di 13.413 ducati.
Da questo momento fino all'occupazione del Regno da parte delle truppe francesi i bandi si susseguirono regolarmente ogni sei anni e, a dimostrazione di come l'arrendamento delle carte da gioco fosse diventato un investimento remunerativo, troviamo un aumento dell'importo del fitto d'appalto e gli stessi arrendatori per diversi appalti consecutivi.
1° maggio 1780 — 30 aprile 1786 Giuseppe Ciminiello per un fitto di 21.080 ducati/anno
1° maggio 1786 — 30 aprile 1792 Giuseppe Ciminiello per un fitto di 18.270 ducati/anno
1° maggio 1792 — 30 aprile 1798 Giuseppe Ciminiello per un fitto di 21.080 ducati/anno
1° maggio 1798 — 30 aprile 1804 Eugenio Ciminiello per un fitto di 15.769 ducati/anno
1° maggio 1804 — 30 aprile 1810 Eugenio Ciminiello per un fitto di 16.050 ducati/anno
DECENNIO FRANCESE (1805-1815)
Il periodo francese diede l'avvio a grandi riforme che mutarono la situazione economica e sociale del Regno, tra queste vi quella relativa all'abolizione degli "arrendamenti" (decreto del 25 giugno 1806) [6], la cui gestione venne affidata all'amministrazione generale di Dazi Indiretti (D.I.).
Il primo intervento legislativo riguardante specificamente le carte da gioco fu il decreto del 17 novembre 1807 di istituzione di una "Regia Interessata" [7] della durata di quattro anni con "il privilegio della fabbricazione e della vendita delle carte da gioco" per il pagamento di una somma annuale e fissa. Con contratto del 23 aprile 1808 tale Regia fu assegnata al sig.re Luigi Autran e soci per un fitto annuo di ducati 15.016.
Tuttavia il ritardo nei pagamenti del fitto pattuito e la condizione di incompatibilità del sig. Autran, che ricopriva contemporaneamente anche la carica di capo della contabilità dell'amministrazione dei Dazi Indiretti, spinse il ministro delle Finanze a modificare completamente il sistema di vendita delle carte da gioco, inserendole tra i generi di privativa, come il sale, i tabacchi e la polvere da sparo, la cui vendita era riservata allo Stato attraverso i fondaci e i suoi venditori patentati(autorizzati), decreto del 28 novembre 1810.
La riorganizzazione del settore riguardò anche la loro produzione, che benché rimanesse di competenza dei Maestri Cartari, questi furono obbligati ad eseguirla in un "locale chiuso in via S. Agostino degli Scalzi, sotto la sorveglianza degli agenti dell'amministrazione dei D.I." e non più presso le loro abitazioni o botteghe, e furono costretti ad accettare, nel tentativo di migliorare la qualità, come richiesto dello stesso Ministro delle Finanze, la collaborazione di "un artiere esperto nel mestiere e conoscitore delle fabbriche di Francia". [8]
RESTAURAZIONE BORBONICA (1815-1860)
Con il ritorno dei Borboni la gestione della vendita delle carte da gioco rimase affidata all'amministrazione dei D. I., che
a tale cespite deputò una delle cinque "direzioni particolari" della direzione generale di Napoli e anche la loro lavorazione, per i primi anni, continuo ad essere affidata all'Arte dei Cartari nella fabbrica di S. Agostino degli Scalzi.
Ma gia a partire dal 1820 e fino al 1826 vi e, nei documenti dell'archivio di Stato di Napoli,un'ampia documentazione su un contenzioso all'interno dell'Arte dei Cartari da cui dipenderà la successiva riorganizzazione del settore; contenzioso motivato da una disparità di trattamento economico tra gli addetti alla produzione delle carte da gioco. L' "Arte dei Cartari", infatti, dall'introito che ricavava dalla vendita al governo delle carte da gioco, tolte le spese per la loro manifattura e per i sussidi alle vedove e ai figli dei cartari invalidi o deceduti, divideva il rimanente tra tutti i matricolati" secondo il quantitativo di carte da manifatturare assegnato a ciascuno di essi dal Console. Nella fabbrica insieme ai "matricolati"vi lavoravano diversi "giornalieri" che non partecipavano a questa suddivisione dei guadagni, ma percepivano un piccola paga giornaliera per il lavoro svolto, fra questi vi erano quelli associati all'arte con la riforma del 1810.
Tale disparità di trattamento e l'aver lavorato in maniera continuativa nella fabbrica per circa dieci anni spinse questi "giornalieri" a richiedere che anch'essi fossero immatricolati nell'Arte, richiesta respinta dai Maestri Cartari. Da questo rifiuto iniziò il contenzioso accennato in precedenza con reciproche accuse e ripetute suppliche al Re, al ministro delle Finanze e al direttore generale dei D. I. per avvalorare le loro rispettive tesi: con i "giornalieri" che richiedevano di rendere libera la fabbricazione delle carte da gioco e i Maestri Cartari, invece, che volevano conservare il loro diritto alla manifattura delle carte, tramandato da generazione in generazione da diversi secoli(1441), e tutelare, con il mantenimento dei sussidi che loro assicuravano alle vedove e ai figli dei maestri invalidi o deceduti, che circa 400 persone non fossero abbandonati alla misera povertà".
In questa disputa si inserì il decreto del 23 ottobre 1821 [10] di abolizione di tutte le corporazioni e arti di mestiere, e la successiva risoluzione reale del 9 aprile 1822 in cui si specificava che "era abolita anche la corporazione dei manifatturieri delle carte da gioco, e di conseguenza era diventata libera per tutti, e sciolta da tutti i vincoli e soggezioni regolamentarie la fabbricazione delle dette carte".
L'amministrazione dei D.I. ,tuttavia, prima di arrivare al decreto del 10 luglio 1826 che rese effettivamente libera la fabbricazione delle carte da gioco, con l'obbligo di adoperare "i fogli a contorno, tanto per le figure, quanto per le canine", fatti stampare e messi in vendita dalla stessa amministrazione, allo scopo di mantenere una certa sussistenza per il gruppo di indigenti che la corporazione dell'Arte assisteva, ma soprattutto, essendo le carte da gioco un genere diprivativa, per mantenere il controllo sulla loro produzione nel tentativo di contrastarne il contrabbando, stipule due contratti con gli ex cartari.
Il primo [11] nel novembre 1821 con gli ex Maestri Cartari Giacomo Ambrisi, Eugenio Ciminiello, Bartolomeo Assegnati, Ignazio Ciminiello e Tommaso Ambrisi a rappresentanza di tutta l'arte.
Questo contratto non venne accettato dalla Giunta della Gran Corte dei Conti, perche per mezzo di esso venivano mantenuti gli articoli dello statuto della corporazione dell'Arte dei cartari che per legge era stata abolita, ma fu, tuttavia, applicato per circa due anni. In esecuzione di esso, inoltre, la sede della manifattura delle carte da gioco fu trasferita in Largo Dogana del Sale, dove vi rimase, tranne per un breve periodo dal 29 agosto 1855 at 2 luglio 1858 per lavori di restauro, ininterrottamente fino alla fine del Regno.
Il secondo [12] del 4 maggio 1824 stipulato con un certo Rocco Doria, ma per conto, ancora, di una società di ex maestri cartari: Bartolomeo Assegnati, Nicola Scala, Ambrisi e Filizzola , prevedeva una durata di sei anni, ma fu interrotto anticipatamente per l'emanazione del decreto del luglio 1826 [13], e l'amministrazione dei D.I , per non aver rispettato i termini di durata previsti, fu costretta a pagare una penale di 1200 ducati. [13 bis]
Dal 1° gennaio 1827, nei domini al di qua del Faro, a chiunque veniva permesso di fabbricare e vendere le carte da gioco, adoperando "i fogli a contorno" fatti stampare e, dopo averli marchiati con bollo regio, messi in vendita dall'amministrazione dei D.I.. Sia i venditori che i fabbricanti dovevano essere riconosciuti e autorizzati dalla stessa amministrazione, i fabbricanti erano tenuti ad opporre il proprio nome sopra una carta di ciascun mazzo.
Sempre in esecuzione del D.L. del 10 luglio 1826 l'amministrazione dei D.I. stipule il primo contratto [14] per l'appalto della stampa e la vendita dei "fogli a contorno" per la durata di sei anni, dal 1° gennaio 1827 at 31 dicembre 1832,con la sig.ra Claudia Guillaut per una rendita annua di 18690 ducati e la produzione di 311.500 "fogli a contorno" per anno.

Il Tabella i successivi appalti:

Data contratto
Periodo di validità
Appaltatore
Rendita in Ducati o Estaglio
Numero dei fogli a Contorno/anno
16 dicembre 1826
02 marzo 1827
1 gen. 1827 - 31 dic. 1832
1 mar. 1827 - 28 feb. 1833
Claudia Guillaut
18690
311500
27 gennaio 1829
(modifica)
Fino 28 febbraio 1833
Claudia Guillaut
14690
244833
12 ottobre 1830
1 marzo 1833
28 febbraio 1837
Claudia Guillaut
15190
253333
26 febbraio 1837
(proroga)
Al 31 agosto 1837
Claudia Guillaut
15190
253333
2 settembre 1837
1 settembre 1837
31 dicembre 1842
Giovanni Cassitto
17000
283333
21 ottobre 1842
1 gennaio 1843
31 dicembre 1850
Giovanni Cassitto
17000
283333
20 maggio 1851
1 gennaio 1851 ??
31 dicembre 1858
Giovanni Cassitto
18616
310267
21 maggio 1858
1 gennaio 1859
31 dicembre 1864
Giovanni Cassitto
18616
310267
Per gli appaltatori della fabbrica dei "fogli a contorno" nei diversi contratti vi era la condizione che essi dovessero avere in Napoli sia una fabbrica di carte da gioco, con sede nei locali di proprietà dell'amministrazione Generale dei D.I. in Largo Dogana del Sale, sia un proprio spaccio di vendita.
Nei contratti fu previsto anche che gli appaltatori fossero obbligati a servirsi dei manifatturieri gia in servizio nella fabbrica e che assommavano a settantasei dipendenti, con una divisione interna di sedici maestri, diciassette lavoratori, sette giovani, 14 donne e ventidue discepoli.
Già nel primo semestre del 80 si ha notizia di quattro patenti di fabbricanti di carte da gioco autorizzate dall'amministrazione dei D.I.: una in Abruzzo, nel distretto di Lanciano, a nome di Giò Coletti, due nel Molise nel distretto di Isernia, a nome di Bernardo Tirone e un'altra a nome di Gaetano Viscione e Tommaso Fiorito, la quarta in Napoli a nome di Antonio Volpicella.

BOLLI
Nel settecento sulle carte del Regno di Napoli veniva posto un bollo Regio come risulta sia da un resoconto di consegna di tutti gli utensili della fabbrica delle carte da gioco del 1773-1774 [15] (amministrazione Bernardo Buono) in cui figura tra le altre cose "una cassetta di legname, dentro la quale vi a ii Regio bullo di ferro ....per uso di bollare dette carte da gioco"; e sia da un bando del 1° aprile 1786 [16] in cui erano previste pene severissime per chi fabbricava carte da gioco o opponeva un bollo falso, quali ii pagamento di 500 ducati e "tre anni di galea, se ignobile, e d'anni tre di carcere se nobile o donna".
Per it periodo di occupazione francese, invece, un rapporto del Direttore Generale dei D.I., Marchese de Tunis, al Ministro delle Finanze datato 29 novembre 1809 [17], ci informa che sui mazzi di carte non si opponeva nessun bollo regio ma che fossero previste delle iscrizioni su delle carte:
- Due di Spade: carte per uso di casali e province
- Quattro di Coppe: il segno del console dell' Arte
- Tre di Denari: la firma dell'amministratore
Queste stesse iscrizioni, tuttavia, oltre che nei primi anni del periodo francese, probabilmente erano in uso anche negli ultimi decenni del secolo precedente, come sembrerebbero documentare due distinti mazzi incompleti di carte da gioco.


        Fig1: Coll. priv. G. Bernardi                                                       
 Fig. 2: Coll. priv. S. Mann n° 59
Il primo appartenente alla collezione privata di G. Bernardi, 31/40 carte, mostra sul tre di denari (Fig 1) l'iscrizione "Buono" (nome dell'amministratore) probabilmente si riferisce all'anno di amministrazione in demanio 1773-1774 di Bernardo Buono a cui abbiamo gia accennato in precedenza.
Il secondo mazzo incompleto 27/40 carte, classificato dalla S. Mann [18]come "Early Sicily pattern", perche sul 4 di Denari vi sono le parole "Ferdinando e Sicilia", porta sul 4 di Coppe (Fig.2) l'iscrizione "Giuseppe Volpicella Console 1798", la S. Mann commenta: "il significato della parola -console- non è chiaro". Con "Console" si indicava, invece, l'incarico che annualmente e in maniera elettiva veniva attribuito ad uno degli associati dell'Arte dei Cartari, con funzione direttiva e di rappresentanza dell'Arte stessa.
Il mazzo di carte probabilmente è napoletano, infatti, il nome Volpicella figura spesso negli elenchi dei cartari napoletani, in un documento del 1780 vie proprio un Giuseppe Volpicella Console [19], viceversa il nome Volpicella non figura nell'elenco di maestri cartari di Palermo riportato da Pratesi [20], anche se relativo a diversi anni dopo, ma conoscendo come dell'Arte facessero parte solo un ristretto numero di famiglie, tra cui veniva tramandato il mestiere, i cognomi si ripetono nel tempo.
Ancora per il '700 nel breve periodo della repubblica napoletana (25 gennaio - 19 giugno 1799) un'altra informazione la riscontriamo in una supplica del console dell'Arte al Dir. Gen. dei D.I. [21], in cui si fa cenno che "nei periodi dell'anarchia (repubblica napoletana) l'Arte fabbricò per conto dell'Arrendamento delle carte con emblemi repubblicani, nella maniera ordinata dal Ciminiello, in mazzetti circa 31 mila", questi mazzetti dopo il ritorno dei Borboni, per ordine sovrano, "perche portavano impressi li suddetti emblemi" vennero bruciati.
Di questa tipologia, naturalmente non abbiamo nessuna documentazione.
Per il periodo dell'occupazione francese(1805-1815), dobbiamo segnalare diversi decreti che stabiliscono it prezzo delle carte da gioco (n.841 del 31 dicembre 1810, n. 1115 del 16 dicembre 1811, n. 1513 del 15 ottobre 1812 e it n. 2343 del 8 dicembre 1814).
Per i primi anni del ritorno dei Borboni, invece anche se non abbiamo la disposizione precisa in cui vengono indicate le modalità di applicazione del bollo sulle carte da gioco, tali modalità le possiamo ricavare da diversi documenti dell'amministrazione generale dei D.I. in cui si specifica che la stessa amministrazione "ha cura di introitare il dazio che gravita sulle carte da gioco, facendone eseguire la confezione a suo conto," e "distribuendo la stessa i fogli stampati ai fabbricanti col bollo al quattro di Denari per le carte napoletane, ed al fante di Fiori per quelle Francesi".[22]Di questo sistema vie una documentazione obiettiva per quanto riguarda le carte francesi in un mazzo di carte pubblicato da T. Depaulis, una copia del gioco di Gatteaux del 1811, (Fig.3)
Fig. 3 : Les cartes de la revolution

In cui sul Fante di Fiori si trova un bollo circolare con al centro i tre gigli dei Borboni sormontati da una corona reale e intorno la dicitura: R. MANUF. D.C. DA G.-1815- e un monogramma.
L'interpretazione di questo monogramma non è chiara, non credo comunque
che l'interpretazione "BARI" sia corretta in quanto all'epoca in Bari non esisteva nessuna Real Manifattura di carte da gioco, ne poteva esistere perche per tutto Regno vi era una produzione monopolistica nella sola città in Napoli. Probabilmente la sua interpretazione corretta è:
"D I R T" per Dazi Indiretti Ripartimento Tabacchi.
Anche per le carte napoletane abbiamo una documentazione obiettiva in dei fogli non tagliati della collezione di S. Berardi in cui e riportato il bollo sul 4 di Denari, un bollo questa volta ellittico, con la dizione:
R.MANIFATTURA DELLE CARTE DE GIOCO -1821- e lo stesso monogramma.

In questi stessi anni vi sono alcuni riferimenti legislativi riguardanti l'organizzazione di questo settore.
Un primo decreto del 24 dicembre 1816 stabiliva che "i sugelli reali non porteranno intorno allo stemma l'indicazione di alcun dipartimento, ma soltanto il nostro nome ed il titolo da noi preso, cioè "Ferdinando I Re del Regno delle Due Sicilie", ma questo veniva gia modificato dal decreto del 20 gennaio 1818, in cui all'art.1 si specificava che "nei piccoli suggelli da servire per uso dei reali Ministeri, delle amministrazioni regie che ne dipendono……………verrà aggiunto in un segmento ellittico l'indicazione del dipartimento ministeriale, dell'amministrazione regia a cui il suggello appartiene.”
Il decreto del 16 marzo 1817 dava l'esclusiva di lavorare i reali stemmi e suggelli "al Regio incisore Carlo Cattaneo". Con decreto del 26 luglio 1824 veniva istituito "un gabinetto d'incisione" presso l'Amministrazione Generale delle Monete e con decreto del 17 marzo 1829 [24] e suo regolamento applicativo si specificava che: "Nel Gabinetto d'incisione s'incideranno i bolli, le matrici, i punzoni ed ogni altro lavoro necessario al servizio dell'amministrazione generale dei dazi indiretti".
Da un documento datato 1850 apprendiamo che al gabinetto d'incisione nel periodo tra il 1824 e il 1829 l'amministrazione dei D.I. commissionò oltre che il bollo per il quattro di Denari anche "l'impronta in bronzo delle quaranta carte da gioco", mentre dopo il decreto del 1829 [25] fece incidere solo "il bollo del 4 di denari, ritenuto come pegno della legalità nella fabbricazione", e fino al 1850 un ultimo bollo fu inciso nel 1839.
Dopo il 1850 si sono trovati pagamenti successivi della direzione generale dei D.I. per l'esecuzione del detto bollo, per il costo di dieci ducati, rispettivamente alla data del 28 maggio 1853, del 30 ottobre 1855, del 19 dicembre 1857 e del 3 ottobre 1859.

Riprendendo un ordine cronologico delle disposizioni in materia, il 10 luglio 1826 veniva pubblicato il decreto che rendeva libera la produzione delle carte da gioco utilizzando i "fogli a contorno" stampati e messi in vendita dall'amministrazione dei D.I. che all'art. 2 disponeva che: " i detti fogli prima di essere posti
in vendita saranno marchiati con un bollo a colore portante tre gigli in uno scudo sottoposto alla corona reale. II bollo sarà opposto sul quattro e sul fante di Denari pe' giochi napoletani,
da riversino, e quelli del Re. Pe' i giochi francesi sarà posto sull'asso e sul fante di cuore" e all'art. 3 che "l'Amministrazione de' D.I. percepirà su detti fogli il solo diritto di bollo"
"di grana sei per ogni giuoco completo di qualunque sorta di carte, indipendentemente dal prezzo materiale dei fogli medesimi".
Nel contratto d'appalto per la vendita dei "fogli a contorno", stipulato in esecuzione a questo decreto, fu stabilito I1 costo dei fogli a contorno che rimase invariato dal 1826 al 1860

COSTO DEI FOGLI A CONTORNO in grana
Bollo
Costo materiale dei fogli
Prezzo ai fabbricanti
Napoletane
6
3
9
Riversino
6
6
12
Del Re
6
6
12
Francesi
6
6
12

Ancora un nuovo bollo sulle carte da gioco fu introdotto durante it contratto d'appalto del 1851 con Ottaviano Cassitto.[29]


A queste ultime tipologie dobbiamo riportare i pochi mazzi di carte da gioco del Regno di Napoli che sono giunti fino a noi.

CARTE CORRENTI (O NAPOLETANE)
Per queste, S. Mann in un articolo sul nostro giornale dell'I.P.C.S. (The playing card vol. VI, n.1, agosto 1975) riporta le seguenti principali caratteristiche:
-Nelle figure la presenza di basi colorate (Rosso- Coppe; Blu-Spade; Giallo-Denari; Verde- Bastoni)
-Aspetto femminile della terza figura
-La donna di Spade ha una lunga spada con la punta rivolta in basso e un cartiglio tra le gambe
-Il cavallo di denari a visto da 3/4 da dietro
-Sull'Asso di Denari un'aquila a due teste
e le riconduce chiaramente ad un origine spagnola, senza un preciso pattern di riferimento.
Depaulis (1992) le riporta al pattern di Madrid o di Castiglia e al Pattern Shet n.51 dell'I.P.C.S.
A questa tipologia sono riconducibili le carte ancora oggi in uso nel Sud Italia e note come Napoletane. Tuttavia, in base all'art. 7 del contratto con madame C. Guillaut, che stabiliva che "le carte Napoletane" dovevano essere "simili alle attuali del Re" e che "tale somiglianza riguarderà i contorni ed i colori", questa tipologia di carte Correnti o Napoletane dal gennaio 1827 fino al 1860 non furono più prodotte.

CARTE DA RIVERSINO
Nella classificazione dell'I.P.C.S. sono riconducibili al Pattern Sheet n.20 il cui nome raccomandato 6 "Pattern Spanish National".
Un esempio gia del XVII sec. 6 di Pere Rotxotxo di Barcellona (n.9 Museo Fournier)
Questo modello fu prodotto dalla Real fabbrica di Madrid da Felix Solesio per le colonie della Spagna.
Nella versione di Napoli non vie la scritta "AHI VA" alla base del Cavallo di Coppe e nella medaglia centrale del 5 di Denari non vi sono le due teste di re (ricordo dei due Re Cattolici che con il loro matrimonio unirono i regni di Castiglia e di Aragona nel 1474).
Un mazzo di carte da gioco di questo tipo fa parte della collezione di A. Milano.
Ha sul 3 e sulla Donna di Denari il bollo previsto dalla legge del 26 luglio 1826 e sull'Asso e la Donna di Coppe il bollo rosso previsto nel contratto del 1851, mentre sull'Asso di Denari lo stemma di Napoli con i tre gigli borbonici e sul 5 denari una medaglia che raffigura Cupido su un delfino.
Un esemplare simile lo si trova nel catalogo della collezione di Playing cards di Lady Charlotte Schreiber al British Museum (Freeman M.O' Donoghue —Londra- 1901) n.35 catalogato:
Napoli,18° sec., 46/48 carte (mancano il 7 di Spade e il 3 di denari)
II contratto del 18 dicembre 1826 con madame C. Guillaut riporta all'art.7 : "le carte di Riversino, simili a quelle di Barcellona", confermando per Napoli l'origine dalla Spagna di questa tipologia.
In un documento del 1837 di consegna di fine appalto di madame Guillaut, invece, si fa accenno sia a carte di Riversino all'uso di Barcellona sia a carte da Riversino di antica stampa.

LE CARTE DEL RE
Questa tipologia corrisponde a quella del Pattern Sheet 24 dell'IPCS, il cui nome riconosciuto è "Marcia pattern". Il primo esempio noto a un mazzo datato 1816 di Rotxotxo di Barcellona.
Sue caratteristiche fondamentali sono:
-Asso di denari: una medaglia contornata da drappi e sormontata da una corona
-I Re di Spade e di Coppe portano una ghirlanda di alloro invece di una corona
-Tutti i 4 Re hanno lunghi mantelli e l'intera Lunghezza delle loro gambe sono in vista
-Le Coppe sono spesso decorate simili ad urne
-Il Cavallo di Coppe non 6 impennato sugli arti posteriori come tutti gli altri
Il n. 41 in All cards on the table,1990, di S. Mann appartiene a questa tipologia, ed e ancora definito come "Marcia pattern" made in Italy .
Sull'Asso di denari ha l'iscrizione "Fabbrica di fogli a Contorno in. Napoli. Regia Interessata. Largo Dogana del Sale, vi un bollo che lo data 1851. Il commento di S. Mann "this maker copied cards suitable for use by various invades of
Italy such as the Spaniards end Austrians"
Trevor Denning, 1996, in "The playing-cards of Spain" accennando ad esempi di questa tipologia sia in Italia che in Spagna, invece conclude che "this alternation between Spain end Italy leaves uncertain the exact sequence of events and there is room for further research on the subject"
Per il Regno di Napoli, come abbiamo visto, troviamo la denominazione di "carte del Re" già nel 1773- 1774(amministrazione Bernardo Buono) e ancora nel periodo francese sul decreto di istituzione della regia interessata delle carte da gioco del 17 novembre 1807. Nel contratto del 18 dicembre 1826 per la vendita dei fogli a contorno con lasig.ra Claudia Guillaut all'articolo sette si specifica che si stamperanno le carte "cosi dette del Re" simili alle attuali carte della stessa denominazione.
Accanto ad esempi datati sicuramente dopo il 1830 ve ne sono altri con la stessa postura delle figure che probabilmente possono essere datati anche ultimi anni del '700 o inizi '800:

CARTE FRANCESI
Innanzitutto bisogna precisare che per il '700 il consumo di questa tipologia di carte non era di entità significativa, per l'anno 1773-74 su un totale di circa 200.000 mazzi di carte solo 500 erano a semi francesi come residuo degli anni precedenti, e addirittura in quell' anno non ne risultano n6 prodotte n6 vendute. Chiaramente nel corso dell'ottocento, dopo l'occupazione francese del Regno, l'uso di questa tipologia di carte aumentò sensibilmente, possiamo portare ad esempio per gli anni 1818 e 1819 rispettivamente un consumo di carte a semi francesi di 26.170 su 393.322 e di 26.775 su 385.986.
Le carte per il '700 dovevano essere a figura intera, ma non sono a conoscenza di nessun esempio, ancora a figura intera dovevano essere per i primi due decenni dell'ottocento e vi e l'esempio del 1815 gia riportato da T. Depaulis.
Solo in documenti del 1822-23 si ritrova per la prima volta la dizione di carte francesi a doppia testa, definite all'uso tedesco,ed a nel contratto del 4 maggio 1824 con Rocco Doria in cui specificamente sono previste carte francesi (52 carte) e carte francesi a due teste (52 carte).
Ancora all'art. 7 del contratto del 1826 con la Guillaut si indicano le carte francesi simili a quelle di Vienna.
Un esempio di carte francesi a doppia testa, prodotte per il Regno di Napoli, si trova in una collezione privata ed
simile a quello riportato da S.Mann a pag. 107 nel suo "All cards on the table", ma prodotto a Bologna intorno al 1850.

BIBLIOGRAFIA
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2-Lidia Cataldo Manfredonia: "Gli arrendamenti,fonti documentarie conservate presso l'archivio di Stato di Napoli" vol. 1 pag.3, L'arte tipografica, Napoli 1986
3-G. Ceci: "Il gioco a Napoli durante it viceregno" in Archivio Storico per le province Napoletane 1897(XXII), II parte, pag. 480-501
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5-ASN, Notai di Casa Reale, Ranucci, vol. 31, 18marzo 1754, pag. 191 e seg.
6-ASBr, Bollettino delle Leggi 1806, vol.1, pag. 157, decreto n. 96
7-ASBr, Bollettino delle Leggi 1807, vol.1, pag. 7, n. 304
8-ASN, Ministero delle Finanze: Fascio 2639
9-ASN, Ministero delle Finanze: Fascio 4889, fascicolo 4877 bis
10-ASBr, Bollettino delle Leggi 1821, vol.II, n. 132
11-ASN, Ministero delle Finanze: Fascio 4889, fascicolo 4877 bis
12-ASN, Ministero delle Finanze, Fascio 7904, fascicolo 8333
13-ASBr, Bollettino delle Leggi 1826, n.858
14-ASN, Ministero delle Finanze: Fascio 7904, fascicolo 8333
15-L.C.Manfredonia, op.cit., Manfredonia 584, Arrendamento 421
16-Alessio De Sariis, 1797, libro IV, tit. VII, n.82, pag. 299-300
17-ASN, Ministero delle Finanze: Fascio 2639, fascicolo 19
18-S.Mann in ALL Cards on the table, vol. I, pag. 242-243, n.59
19-ASN, Ministero delle Finanze, Fascio 1346, 18 marzo 1870
20-Franco Pratesi,"New document from Palermo" in Journal of the I.P.C.S., vol.XXI, n.1(ag.1992)
21-ASN, Ministero delle Finanze, Fascio 1445
22-ASN, Ministero delle Finanze: Fascio 4889, fascicolo 4877 bis
23-Thierry Depaulis, «Les cartes de la Revolution » , Issy les Moulineaux, 1989, pag. 48, n.67
24-ASBr, Bollettino delle Leggi 1829, n. 2329
25-ASN, Ministero delle Finanze, Fascio 11148, fascicolo 144
26-ASN, Dazi Indiretti, Fasco 487

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